Come mi batte forte il mio cuore è il titolo di un libro che ho letto tanti anni fa e che ho molto, molto amato.

Benedetta, figlia di Walter Tobagi, prestigiosa firma del Corriere della Sera assassinato negli anni 70 sotto casa, tenta, nelle pagine di questo libro, di riappropiarsi, attraverso l’intreccio dei ricordi, che però sono sempre di altri, della figura del padre, soprattutto nella sua dimensione privata. Prova a ricucire lo strappo causato dalla sua perdita improvvisa quando era ancora una bambina e ci riesce ascoltando una musicassetta in cui sono registrate la sua voce e quella del padre mentre sperimentano e giocano con un registratore appena comprato.

La sua madeleine è la voce, quella del padre, che poi è la sua, di voce.

Non ho potuto che pensare a questo libro così pieno di grazia e di amore vedendo il film Marcello Mio presentato in concorso a Cannes questa settimana.

Chiara Mastroianni, la protagonista, aveva 24 anni quando suo padre è morto (ma forse noi donne facciamo sempre un po’ di fatica ad emanciparci dalla dimensione di figlie nella relazione con i nostri padri), e lei prova ad accorciare la distanza della seperazione mettendosi nei panni di suo padre, in senso stretto e in senso figurato.

Entrambe riappropiandosi della figura dei loro padri e addirittura facendo coincidere la loro esistenza con la loro, invece di annullarsi, colmano la distanza e lo fanno con la loro identità.

Christophe Honorè è un autore molto raffinato e sapiente e dimostra che è possibile fare cinema prendedo distanza dalla spettacolorarizzazione a cui ci vogliono abituare, mettendo il proprio talento al servizio della creazione artistica e non il contrario. Perché io sinceramente sono stufa, stufa, stufa di essere chiamata a partecipare come pubblico alla costruzione dell’ego di quel regista, di quell’attore, di quello sceneggiatore. Perché se deve essere così allora il biglietto lo dovete pagare a me. E non io a voi. Che cz.

Vabbè, chi mi conosce da vicino sa che a volte indosso i vestiti di mio Papà che tengo da qualche anno nel mio armadio.

Ho tutto: dalle mutande ai calzini di spugna, dal fazzoletto nella tasca della giacca, alla sua camicia. Ho la sua canottiera e la sua cintura di cuoio. E le sue scarpe, e non quelle del completo buono, ma quelle di tutti i giorni, come se mettendole ai piedi io riuscissi a sentire tutti i kilometri che ha percoso e la strada in salita e quella in discesa, quella di quando andava a predere l’autobus per venire a Roma per fare un concerto o quando andava in aeroporto per un nuovo viaggio. La strada per accompagnarmi al Conservatorio di L’ Aquila e quella per tornare a casa dal suo ufficio a Capo Piazza fino alla Fontana Luminosa.

Sono fortunata perche mio papà è ancora con me, anche se da qualche anno è ammalato, a letto. Mai come in questi ultimi anni so che sto camminando per lui e grazie a lui. Nel film ci sono Pietro Angelini e Mattia Sonnino in due ruoli deliziosi, seppur minori. Ed io sono così felice che abbiano partecipato a questo film così prezioso.

Donatella Franciosi